I Promessi Sposi – Il Conte Zio e il positioning

Autore: Maria Deledda

So che I Promessi Sposi fanno arricciare il naso a molti (anche a me in realtà) ma se il positioning è l’Arte del Non Detto…il conte zio in questa scena è esemplare.

Quando alla fine si siede a discutere col padre provinciale – la negoziazione è ormai già decisa; questo significa “posizionarsi” bene.

Qui il link al post sul positioning, rileggete il post e poi… godetevi il Conte Zio:

“Ora, tra il padre provinciale e il conte zio passava un’antica conoscenza: s’erano  seduti di rado, ma ogni volta con gran dimostrazioni d’amicizia, e con proferte sperticate di servigi. E alle volte è più facile aver buon mercato d’uno che sia sopra a molti individui, che non d’un solo di questi, il quale non vede che la sua causa, non sente che la sua passione, non cura che il suo punto; mentre l’altro scorge in un tratto cento relazioni, cento contingenze, cento interessi, cento cose da scansare, cento cose da salvare, e si può quindi pigliare da cento parti. Tutto ben pensato, il conte zio invitò un dì a pranzo il padre provinciale, e gli fece trovare una corona di commensali assortiti con un intendimento sopraffino, qualche congiunto dei più titolati, di quelli il cui solo casato era un gran titolo, e che col solo contegno, con una certa sicurtà nativa, con una sprezzatura signorile parlando di cose grandi con termini famigliari, riuscivano, anche senza farlo apposta, ad imprimere e rinfrescare ad ogni tratto l’idea della superiorità e della potenza; e alcuni clienti legati alla casa per una devozione ereditaria, e al personaggio per [p. 195 modifica]una servitù di tutta la vita: i quali cominciando dalla minestra a dir di sì colla bocca, cogli occhi, cogli orecchi, con tutta la testa, con tutto il corpo, con tutta l’anima, alle frutta vi avevano ridotto un uomo a non ricordarsi più del come si facesse a dir di no. A tavola, il conte padrone fece cader ben presto il discorso sul tema di Madrid. A Roma si va per più strade; a Madrid egli andava per tutte. Parlò della corte, del conte duca, dei ministri, della famiglia del governatore, delle cacce del toro ch’egli poteva descriver benissimo perchè le aveva godute da un posto distinto, dell’Escuriale di cui poteva render conto appuntino perchè un creato del conte duca lo aveva condotto per ogni buco. Per qualche tempo tutta la compagnia stette, come un uditorio, attenta a lui solo, poi si divise in colloquii particolari; ed egli allora continuò a raccontare altre di quelle belle cose, come in confidenza, al padre provinciale che gli era seduto vicino e che lo lasciò dire, dire e dire. Ma a un certo punto, diede una svolta al discorso, lo staccò da Madrid, e di corte in corte, di dignità in dignità, lo tirò in sul cardinale Barberini che era cappuccino e fratello del papa allora sedente Urbano VIII. Il conte zio dovette [p. 196 modifica]egli lasciar parlare un poco, e stare a udire, e ricordarsi che finalmente in questo mondo non c’era soltanto i personaggi che facevan per lui. Poco dopo levati da tavola, egli prego il padre provinciale che passasse con lui in un altra stanza. Due potestà, due canizie, due esperienze consumate si trovavano a fronte. Il magnifico signore fe’ sedere il padre molto reverendo, s’assise anch’egli, e comincio: “stante l’amicizia che passa fra noi, ho creduto di far parola a vostra paternità d’un affare di comune interesse, e che vuol essere conchiuso fra noi, senza andare per altre vie, che potrebbero… E pero, alla buona, col cuore in mano, le dirò di che si tratta; e in due parole son certo che andremo d’accordo”.

Dopo un positioning del genere…….il risultato della negoziazione è prevedibile. I curiosi possono andare avanti a leggere il seguito qui.