Le microaggressioni e la risposta perfetta- da Diderot a Primo Levi

Autore: Maria Deledda

Nel post sul sofagate abbiamo parlato delle microaggressioni, tipo le “battutine” fatte da una controparte in riunione, lasciando in sospeso una domanda:

come reagire ?

Ne parliamo a partire da un mentore illustre: il filosofo Denis Diderot 🧐

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– Ma la vostra società manda i ragazzini a negoziare ? Non c’è il capo? 

– Bel vestito (rivolto alle donne)

– Non essere così emotional, non la prenderei sul personale 

Questi sono solo esempi banali di battutine in riunione che –mutatis mutandis– tutti abbiamo sperimentato.

Sappiamo anche che queste battutine (a volte mascherate da mezzi complimenti, come nel secondo esempio) sono microaggressioni che a livello animale vengono percepiti da tutti i presenti, e che -dal lato di chi li pone in essere-  mirano, consapevolmente o no, a un duplice scopo:

  • delegittimarci di fronte agli altri, di modo da farci apparire “poco titolati” a sederci a quel tavolo e a negoziare sull’oggetto di cui andremo a discutere di lì a poco;
  • toglierci concentrazione: l’effetto che producono è quello di uno schiaffo sleale dato a sorpresa che ci butta giù dal terreno su cui stiamo combattendo.

In queste situazioni bisogna anzitutto riguadagnare posizione (repositioning).

Come farlo ?  

E qui arriviamo al punto.

È esperienza comune che, di fronte alle battutine, l’umanità si divide in due categorie: quelli che hanno la risposta pronta e quelli che non ce l’hanno- mai.

Questa seconda categoria è indubbiamente la più numerosa, e trova un nume tutelare nel filosofo Denis Diderot, che ha ribattezzato queste situazioni con un’espressione stupenda: l’ésprit de l’éscalier. L’ésprit de l’éscalier indica quella risposta “perfetta” che, ahimè, arriva troppo tardi, quando siamo sulle scale dopo la fine del ricevimento nel corso del quale abbiamo subito la battutina.

Alzi la mano chi non ha conosciuto lo smacco bruciante di queste situazioni; il fatto che colpissero anche uno spirito sottile e polemico come Diderot è magra consolazione.

Al di là del consolarsi con Diderot,

c’è un modo “ideale” di reagire in questi casi ?

Qualche tecnica che può fungere da stampella alla mancanza di battuta pronta, senza lasciarci a friggere nel rimpianto e nelle fantasie compensative per la risposta “perfetta” che avremmo potuto dare ?

Cosa fare e -soprattutto- cosa non fare ?

Partiamo da questa seconda ipotesi.

Una cosa sicuramente da non fare se non si ha il dono della battuta pronta è reagire in maniera eccessiva.

Esempio: se qualcuno mi dice: “ti vedo agitata”, reagire offeso o scandalizzato dicendo “Non sono agitata !!” forse non è la contromossa più efficace, perchè non fa che rafforzare la mossa o battuta iniziale.

Soprattutto, una reazione eccessiva fa capire al nostro interlocutore che ha toccato nel segno e che sta governando lui il canale di comunicazione, le regole del gioco; e, come si dice in negoziazione,

Who controls the how will control the what

In termini più chiari, se il vostro avversario vi porta a giocare con le sue regole avete già perso la partita (di questo parleremo diffusamente in un prossimo post !).

Quindi ? va bene il silenzio ? 

Per lo più no, tranne casi specifici di battute particolarmente fuori luogo, in cui reagire col silenzio può risultare efficace perché produce una sorta di effetto eco (chi ha fatto la battuta viene lasciato li ad ascoltare l’eco delle sue parole che rimbombano…). In tutti gli altri casi, la percezione che dà il rimanere in silenzio di fronte ad una battuta è di delegittimazione, “sconfitta”, se non addirittura (a seconda del tipo di battuta o commento) di connivenza con l’”aggressore”.

……Quindi?

Meglio reagire, anche se non si ha la risposta perfetta, ma mostrare di reagire: l’importante è passare il messaggio che la battuta o microaggressione non è passata inosservata e non è condivisa.

Come ?

Ad esempio col diverting, che consiste nel lasciar cadere la battuta e riportare la discussione all’ordine del giorno, come nel seguente scambio :

-“Ti vedo agitata”

-“Lascia perdere me e concentriamoci sul motivo per cui siamo qui”

Un’altra tecnica, diversa ma altrettanto efficace, è il questioning, cioè il dar mostra che si riconosce la battuta come microaggressione, rispedendo la palla al mittente:

-“Ti vedo agitata”

-“Agitata? Non mi è chiaro cosa intendi”

Ma ce ne sono tante altre.

Per chi fosse interessato ad approfondire queste tecniche rimando agli studi di Deborah Kolb o ai seminari che tengo sul tema.

Qui voglio chiudere con le splendide parole di Primo Levi- dedicate ai renitenti a qualsiasi tecnica, di negoziazione o non, a qualsiasi margine di “crescita personale”….. per fortuna c’è la letteratura a consolarci 😉

Mi conosco: non posseggo prontezza polemica, l’avversario mi distrae, mi interessa più come uomo che come avversario, lo sto a sentire e rischio di credergli; lo sdegno e il giusto giudizio mi tornano dopo, sulle scale, quando non servono più.”