Sulla distinzione tra posizioni e interessi: i negoziati di Camp David

Autore: Maria Deledda

Nel corso di un caldissimo settembre del 1978, il Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter riunì presso la residenza estiva di Camp David in Maryland il presidente egiziano Sadat e il primo ministro israeliano Begin per tentare di comporre il dissidio insorto tra i due paesi a seguito dell’occupazione da parte di Israele della Penisola del Sinai, all’esito della Guerra dei Sei Giorni del 1967.

Nove anni erano passati dalla guerra ma Israele insisteva per mantenere il Sinai, mentre l’Egitto ne chiedeva la restituzione integrale.

Nel corso delle negoziazioni furono fatti diversi tentativi di tracciare possibili soluzioni sulla carta, spostando continuamente le ipotesi di confini; ma nessuna delle soluzioni proposte incontrò il placet dei rappresentanti dei due paesi, che continuavano a respingere ogni proposta.

Entrambi i contendenti volevano o tutto o niente

Il disaccordo appariva insormontabile. 

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Prima di vedere come andò a finire, fermiamoci un attimo:

Quante ne abbiamo viste di situazioni così  ?

– Il dipendente che va dal responsabile HR minacciando di licenziarsi se non ottiene un aumento stipendio immediato (che l’altro non può dare perché per quell’anno non ha budget)

– I soci in dissidio perché uno vuole vendere e l’altro no.

– I fratelli in lite circa chi debba tenere un certo bene dell’asse ereditario.

E via andare, la situazione che si determina in questi casi è quella di un vero e proprio braccio di ferro apparentemente insormontabile.

Come uscirne ? 

In tutti questi casi, una chance di risolvere conflitti apparentemente insuperabili può arrivare dall’analizzare gli interessi (reali) dietro le posizioni espresse al tavolo: cioè non fermarsi a quello che si dice di volere (o si ritiene di volere), ma analizzare i motivi per cui si fanno quelle richieste, con una serie di domande continue:

Perché insisto su quella richiesta ?   Quella clausola è veramente vitale, oppure devo dare retta a una voce interna che mi dice che se mollo sono un perdente ? E chi è quella voce ? 

E tutte le volte che ci infuriamo, ci indigniamo con la controparte, sappiamo cosa ci interessa veramente? Ci interessa indignarci, sfogarci (mettendo il nostro tempo ed energie solo su quello)? Oppure ottenere (davvero) un certo risultato ? E se è vera la seconda, indignarci è la strategia giusta ? 

Solo un challenge continuo dei motivi per cui avanziamo certe richieste può portarci ad individuare di cosa abbiamo veramente bisogno, cioè quali sono i nostri interessi; e a scoprire che magari si riesce a superare il contrasto iniziale.

Tendiamo infatti a presumere che poiché le posizioni sono in conflitto, anche gli interessi lo saranno – ma spesso non è così.

Normalmente infatti se per ogni posizione c’è solo un modo per soddisfarla (o si ottiene ciò che si vuole o non lo si ottiene) – per gli interessi ci sono diversi modi.

Questo è il click che – come ci raccontano Fisher e Ury nel libro Getting to Yes– nei negoziati di Camp David ha consentito di superare l’impasse delle posizioni apparentemente insormontabili dei partecipanti ai negoziati e di arrivare ad una svolta:

“L’interesse di Israele era la sicurezza: non voleva che i carri armati egiziani stessero in bilico sulla sua frontiera, pronti a rotolare dall’altra parte in qualsiasi momento. L’interesse dell’Egitto era la sovranità: il Sinai era stato parte dell’Egitto fin dal tempo dei faraoni. Dopo secoli di dominazione greca, romana, turca, francese e inglese, l’Egitto aveva solo di recente recuperato la piena sovranità e non era in vena di cedere territorio a un altro conquistatore straniero.

A Camp David, il presidente egiziano Sadat e il primo ministro israeliano Begin si accordarono su un piano che avrebbe restituito il Sinai alla completa sovranità egiziana e, smilitarizzando vaste aree, avrebbe tuttavia garantito la sicurezza d’Israele. La bandiera egiziana avrebbe sventolato dovunque, ma i carri armati egiziani non sarebbero stati in nessun posto vicino a Israele.

(…) Troppo spesso la gente adotta semplicemente la posizione più ovvia, come aveva fatto, per esempio, Israele quando aveva annunciato che intendeva tenersi una parte del Sinai. Quando si guarda oltre le opposte posizioni, per scorgere interessi motivanti, spesso si riesce a trovare una posizione alternativa che soddisfa non solo i nostri interessi ma anche i loro. Nel Sinai, la smilitarizzazione fu un’alternativa di questo genere”.

E noi, se pensiamo al passato e a tutte le negoziazioni abbandonate o chiuse male per un conflitto che sembrava insormontabile- era davvero così insormontabile?

Cosa sarebbe successo se avessimo cercato di indagare meglio gli interessi ?

Ne riparliamo, stay tuned 🙂