LA TRAPPOLA DEL io l’avevo detto

Autore: Maria Deledda

Torniamo sulle negoziazioni in situazioni di squilibrio per parlarne sotto un punto di vista un po’ particolare, che definirei il “peccato originale della superbia” .

Eh già, la superbia è uno dei peccati originali, et pour cause come dicono i francesi. E ha tanti modi per dispiegarsi.

Uno dei più subdoli, causa di tante auto-fregature e autosabotaggi, è l’“io l’avevo detto”; ad esempio, quel io-l’avevo-detto che pronunciamo mentalmente uscendo dalla sala riunioni alla fine di una negoziazione sbilanciata in cui l’altro (quello più forte di noi) ci ha detto no, esattamente come ci aspettavamo sin dall’inizio (la frase alternativa a “io l’avevo detto” è “non poteva che andare a finire così”..).

Se in una negoziazione le cose vanno esattamente come ci aspettavamo, se non siamo riusciti a ottenere informazioni nuove, o un punto di vista diverso: quasi sempre è perché ci siamo fatti fregare dalla “presunzione” (nel duplice senso di superbia e di di “presumere” cioè fare assumptions) e non abbiamo (realmente) fatto domande.

E qui arriviamo al punto.

Il più grande errore che possiamo fare sedendoci ad un tavolo negoziale è quello di pensare di aver capito tutto, perchè ci dà una tunnel vision.

E questa tunnel vision è una delle trappole più pericolose della nostra testa, perchè avere conferma di quello che pensavamo quando ci sediamo al tavolo è un esercizio terribilmente gratificante, anche se perdente; anche se non ci porta da nessuna parte.

Se noi pensiamo di aver capito tutto prima di sederci passiamo il tempo a cercare conferma di quello che pensavamo di aver capito.

E questo ci porta a vedere un interlocutore debole quando non lo è, aggressivo quando non lo è, forte quando non lo è; e cosi via.

E questo non significa necessariamente che noi abbiamo sbagliato; significa che non ci siamo seduti con spirito aperto per comprendere la situazione; perchè solo se la comprendiamo possiamo trarre conclusioni.

L’altra cosa da valutare è l’effetto specchio.

In negoziazione ostaggi si insegna che se l’ostaggio tratta il sequestratore da sequestratore, quello si comporta da sequestratore.

Tradotto in situazioni più normali: se tu tratti da aggressivo arrogante uno che presumi essere aggressivo arrogante, gli fai da specchio e lui ti rimanderà l’immagine che gli stai mandando.

Se tu invece hai una reazione inattesa e lo tratti senza fare la vittima (perchè anche quello è effetto specchio), con rispetto, lo sorprendi, raffreddi la situazione, e porti tutto sul piano del confronto, costruendo una connessione: allora lì c’è la possibilità di creare valore aggiunto anche in situazioni che sembrano disperate sotto il profilo della disparità tra le due parti.

Fare domande, costruire la connessione e creare la relazione: si è molto più disponibili a trovare soluzioni creative se usciamo dal ruolo vittima/ carnefice, che è un ruolo che sovente ci auto-attribuiamo se ci sediamo ad un tavolo squilibrato.

Questo è un esercizio molto difficile -perchè del tutto controintuitivo- ma estremamente potente perché ci porta ad avere noi il controllo della situazione e a sfruttare l’effetto specchio a nostro favore (se mostriamo rispetto per primi, invoglieremo l’altro a comportarsi nello stesso modo). Non solo: chi è aggressivo si aspetta una reazione aggressiva; se gli arriva rispetto, lo stupiremo e controlleremo noi il “modo“, il canale della relazione.

Quindi, attenzione a cedere alla sottile tentazione dell’io l’avevo detto